Alle fiere ci si va anche per imparare come cambiano i professionisti

 

Siamo tornati dalla prima fiera dell’anno  per Studio EffeErre: VicenzaOro, il salone internazionale della gioielleria B2B, conclusasi con numeri molto positivi soprattutto per quanto riguarda i visitatori stranieri (+11,5% rispetto all’edizione record del 2020 con partecipanti da 136 Paesi). Come è ormai ‘tradizione’, siamo stati al fianco di Federpreziosi Confcommercio per gli appuntamenti di formazione che la Federazione cura in collaborazione con IEG-International Exhibition Group, organizzatore del salone dedicato alla gioielleria.

Da quest’edizione i #Digital Talks si trasformano in #Retail Talks. È un segno importante che testimonia, in qualche modo, il superamento definitivo avvenuto a livello culturale di settore delle differenze tra on-line e off-line. La realtà è una sola ed è qui che va affrontata la crescita.

L’appuntamento si è articolato in due momenti di incontro, con spunti utili non solo per l’industria orafa.

Il gioielliere lo vogliamo in carne e ossa

Il primo è un’accurata analisi sullo stato di salute del settore supportato dalla ricerca condotta da Format Research per Federpreziosi: composizione, tendenze, fatturati per area e studio sui comportamenti di consumo e sulle occasioni di acquisto. Quando si parla di gioielli – attenzione, non di accessori, abbigliamento o lusso in generale, ma di prodotto dall’elevato e complesso valore intrinseco – l’on-line sta diventando il punto d’acquisto privilegiato o l’importanza della consulenza offerta dal gioielliere nel punto vendita fisico è ancora predominante? Il gioielliere inteso come professionista fisicamente presente nel punto vendita, ha ancora molto da raccontare, magari con tanto di microscopio per mostrare al cliente com’è fatto un diamante? (Ebbene sì, anche questa può essere un’esperienza d’acquisto emozionante…).

Per come la vediamo, i risultati e i numeri forniscono utili argomenti di riflessione applicabili a diversi ambiti. Ad esempio, quando si parla di valore economico intrinseco e l’acquisto rappresenta in qualche modo un investimento a lungo termine, confondere gioielli e bigiotteria attraverso definizioni e argomenti di marketing poco chiari non funziona e genera confusione nel consumatore che sì, è sempre più consapevole e informato, ma non in modo così approfondito per poter fare a meno di una consulenza veramente esperta quando l’impegno è rilevante sia dal punto di vista economico, sia di rappresentazione simbolica e status.

E questo è vero anche e soprattutto per il mondo dei giovani. A Vicenza abbiamo conosciuto una nuova generazione di collezionisti in particolare di orologi, così come di gioielleria vintage: da un lato il collezionismo è un bel modo di dedicare attenzione ad aspetti importanti della nostra cultura e della manifattura, ma dall’altro è importante evitare, per quanto possibile, di cadere in meccanismi di speculazione fuori controllo. È un argomento interessante, da sviluppare insieme alle nuove leve di comunicatori.

Lo stesso discorso potrebbe essere applicato ad altri ambiti, ma insomma, l’idea è che la comunicazione e il marketing dovrebbero recuperare una buona dose di etica perché la posta in gioco tocca sensibilmente i portafogli dei consumatori. Cioè delle persone. Diciamo che, a nostro avviso, una comunicazione sostenibile dovrebbe partire da qui.

Se vi interessa approfondire, qui trovate un estratto e la ricerca completa in PDF della ricerca realizzata da Format Research per l’Osservatorio Federpreziosi Confcommercio.

In caso, infine, vi avanzasse tempo tra una serie Netflix e una Skype call a vostro figlio chiuso nella stanza a fianco, qui è possibile rivedere in video la presentazione completa

 

Se entrate in Amazon non dimenticate il machete

 

Con il secondo incontro, di carattere più operativo, il focus si è spostato sulle opportunità offerte dai marketplace, in particolare Amazon, e delle criticità di cui essere a conoscenza prima di affrontare una piattaforma tanto usabile per chi acquista, quanto complessa per il vendor. Se è vero che certe sperimentazioni digital sono necessarie e sicuramente meno rischiose a livello economico rispetto all’apertura di un’attività su strada, non è tuttavia da sottovalutare l’impegno organizzativo, di gestione, di cambiamento a livello di cultura aziendale e, non da ultimo, in termini di risorse umane. E proprio questa può essere un’importante occasione. Dalla ricerca Format, per collegarci al primo intervento, emerge che nel settore, a fronte di una netta diminuzione delle imprese, si è registrato un aumento degli addetti, segno che le aziende che hanno saputo organizzarsi, ampliarsi e rafforzarsi anche attraverso l’inserimento di nuove figure e ruoli, non solo sono riuscite a resistere ma sono anche cresciute.

 

Una fiera, poi, è fatta, come si sa, per stringere relazioni, girare tra stand e corridoi…scambiare idee e impressioni. Il nostro punto di vista è quello di chi, anche in queste occasioni, si occupa di comunicazione e quindi ci siamo fatti qualche idea che, contaminata da riscontri raccolti su fronti diversi e da un discreto ‘archivio esperienziale’ ci sentiamo di condividere.

 

Ma davvero i giornalisti devono re-imparare a nuotare?

 

Non è di per sé una novità inaspettata. Diciamo che il passaggio intermedio da giornalista dipendente a freelance è un assunto ormai acquisito. La transizione è già avvenuta: data questa nuova realtà, anche i giornalisti sono invitati caldamente a trasformarsi in veri e propri imprenditori di se stessi, quindi ad acquisire (molte) nuove competenze: dal brand journalism, al video making, dal content management, ai principi della SEO ecc. e, se hanno un’età e un’esperienza che lo consente (sfumatura ironica), non solo a trasferire gran parte delle loro conoscenze alle nuove leve, ma anche a costruire per loro gran parte del lavoro. L’ufficializzazione di questo stato, o una controprova, per così dire, deriva anche dai contenuti che i corsi organizzati dall’Ordine dei Giornalisti propongono per il mantenimento dell’iscrizione: diversi moduli e anche di buona qualità, sono proprio orientati a supportare i giornalisti in questo cambiamento.

Non utilizziamo volutamente il termine ‘evoluzione’ perché, per ora, quello che osserviamo sul campo è perlopiù una situazione modificata e non sempre organizzata al meglio. Se in questo entusiasmante passaggio si perderanno sapere, capacità di effettuare verifiche accurate, conoscenza del campo d’azione, coordinamento tra ruoli e anche adeguato e professionale supporto fornito dagli uffici stampa e, in generale, dai professionisti che svolgono questa funzione garantendo fattiva collaborazione, più che di evoluzione si parlerà semplicemente di tagli al budget.

Il mestiere dell’ufficio stampa, ovvero il fare da ponte tra un’azienda, i media classici e tutti gli altri canali online e offline che possono sostanzialmente veicolare informazioni e notizie, diventa sempre più complesso, anche perché quando si parla di ‘contenuti’, il confine tra comunicazione e attività di marketing è sempre più sottile ed è proprio per mantenere un elevato livello etico e deontologico che gli uffici stampa e le agenzie di comunicazione devono investire in ‘indipendenza’.

È forse il più importante strumento che le agenzie  hanno per mantenere saldo il proprio ruolo consulenziale nei confronti delle aziende che possono così beneficiare di un apporto di reale valore rinunciando ad avere al proprio servizio semplici prestatori d’opera, poco più che estensioni dei loro uffici marketing interni con scarsa capacità decisionale, in nome del risparmio e della comodità. Le aziende guadagneranno, quindi, una consulenza di valore al posto di ‘yes men’ accondiscendenti; le agenzie maggior credibilità e autorevolezza. Solo così la relazione può essere win-win. Solo così si cresce.  A questo proposito ci è piaciuto il bell’articolo di Mario Tedeschini Lalli segnalato nella newsletter settimanale Digital Media Sunday Brunch a cura di Pierluca Santoro, Data Media Hub che fornisce preziosi consigli su come ‘restare rilevanti’ al tempo del digitale. Di ‘rilevanza’ parleremo presto.