Febbraio 2021

 

Come anticipato a fine 2020, Studio EffeErre ha collaborato a una ricerca realizzata da Spice Research insieme ad altre realtà del settore della comunicazione e delle ricerche di mercato: MynoiLab, Beintoo, InstantLove e Tribe Communication. Si è trattato di una ricerca esplorativa, patrocinata da Asseprim – Federazione Nazionale dei Servizi per le Imprese – che ha coinvolto un campione mirato di 121 manager di piccole e grandi aziende italiane, suddivise in realtà business to consumer e business to business.

Obiettivo di Covid Research Rework, è la comprensione di come si orienteranno gli investimenti delle aziende nel 2021 in tema di marketing e comunicazione.

A fronte di una riduzione di budget per eventi, fiere e congressi e per l’advertising tradizionale, come era naturale supporre, si prevede una compensazione con advertising digital e social e sviluppo di nuovi prodotti o servizi.

Per quanto riguarda le stime di recupero delle perdite, circa il 60% degli intervistati prevede di impiegare almeno un anno a recuperare. Il 77% degli intervistati riporta, infatti, serie difficoltà nel periodo marzo/maggio 2020, mentre ben il 41% si aspetta un aggravamento della situazione nel periodo gennaio/marzo 2021.

Le attività delle aziende che hanno maggiormente sofferto, sono le vendite, la capacità produttiva (soprattutto per le aziende del terziario avanzato) e le relazioni con i fornitori. Emergono, infatti, alcune sfide comuni, articolate su due dimensioni: sul piano economico, la difficoltà di gestire il cash flow e la netta diminuzione degli ordini e dei nuovi progetti determinano l’impossibilità di nuovi investimenti; sul piano organizzativo, i lockdown totali o parziali implicano ulteriori criticità.

Al di là delle interessanti considerazioni circa le priorità generali delle aziende, che potete leggere nel comunicato ufficiale, nuovi scenari si aprono per chi, come noi, si occupa di comunicazione e che già in questi mesi ha sperimentato radicali sovvertimenti non solo in termini di procedure e contenuti, ma anche di valori e stili.

 

A cosa ci dobbiamo preparare?

I manager più direttamente coinvolti nelle attività di comunicazione e advertising credono che i contenuti comunicativi più utili nei prossimi mesi saranno centrati sul prodotto: si parlerà di innovazione di prodotto (72%), di qualità produttiva e delle materie prime (65%) e di valorizzazione del Made in Italy (37%). Ancor più di prima, è inteso. Il concetto di ‘storytelling’ ormai ampiamente digerito sembrerebbe passare in secondo piano rispetto ad una comunicazione che dovrà trovare il modo di raccontare prodotti e aziende interpretando al contempo il cambiamento di valori che si sta verificando. Stiamo ricostruendo la nostra storia: riprendere immaginario e codici che raccontano di tradizioni, solidità, crescita costante, amore e passione per il proprio mestiere, missione o azienda non sarà naturalmente sufficiente.

Parleremo di ‘capacità di innovare’ ma dovremo essere efficaci nel tradurre concretamente e realisticamente questo slogan in un contesto che sembra spingere sempre più verso una sorta di standardizzazione e omegeneizzazione (di tecnologie utilizzate, di abitudini, di consumi, di paradigmi culturali condivisi).

C’è bisogno di sicurezza e le spinte tra vecchie e nuove culture stanno emergendo e costruendo equilibri in un sistema di valori e significati estremamente complesso.

 

È il momento di fermarsi ad ascoltare più attentamente.

Si riafferma l’importanza della relazione personale, umana, addirittura di vicinato. Una tendenza che rende naturale ripensare metodo di certe professioni e tornare agli albori, ad un quasi scontato ripasso dell’ ABC, verrebbe da dire. Nel nostro caso, solo per portare un esempio, le attività di media relation, PR ufficio stampa si basano oggi più che mai su una relazione diretta e personale, su un’attenzione che deve farsi più acuta sensibile per cogliere le esigenze dei nostri interlocutori (aziende clienti e giornalisti). Abbiamo tempo per parlare. E’ imperativo farlo, e questo provando ad accantonare l’eccessiva automazione che, nella nostra specifica professione, temiamo non abbia portato ai risultati sperati in termini di qualità, competenza e professionalità. Niente di nuovo: è il ‘metodo’ che funzionava negli anni ’50 e che ci stiamo trovando a recuperare – in caso lo avessimo abbandonato… Nel senso: oggi come allora.

Anche nei confronti dei clienti, meno che mai potrà funzionare ora un approccio standard, benché di qualità e collaudato. Ogni difficoltà, perplessità, necessità va ascoltata e compresa, co-interpretata.

Abbiamo trovato utile affrontare progetti e lavori con nuovi clienti facendoli precedere da brevi incontri di coaching. Perché è come se dovessimo reimparare a costruire un terreno di cultura professionale comune, un linguaggio che non lasci spazio a fraintendimenti di sorta: si inizia un percorso insieme ed è bene partire ad esplorare il territorio con una mappa condivisa. Se non si è pronti, se si avverte che ostacoli nella comprensione reciproca potrebbero compromettere la relazione, meglio lasciar perdere subito: ormai i segnali di una collaborazione agenzia-cliente in procinto di partire con il piede sbagliato, abbiamo imparato a interpretarli da entrambi i lati.

L’affidarsi a un consulente implica fiducia e oggi sembra esserci meno spazio per sterili e opachi corteggiamenti. Allo stesso tempo, autenticità e trasparenza nel valorizzare il proprio apporto professionale, così come il saper riconoscere e mettere sul tavolo i confini della propria esperienza sono indispensabile premessa per orientare al meglio il piano di lavoro comune e dare ‘senso al viaggio’.

Così come il lavoro a distanza – sia esso telelavoro o smartworking – sta cambiando le dimensioni fisiche dello spazio di lavoro a disposizione delle persone, parallelamente in tema di servizi di comunicazione si è avviata una riflessione da parte delle aziende sulle dimensioni ideali delle realtà partner, una riflessione a dire il vero già partita da qualche anno, ma come tante altre dinamiche, soggetta a un boost in questi ultimi mesi: piccola agenzia, media agenzia, consulente freelance, network, gruppo di lavoro? Cosa funziona al meglio per la mia azienda?

L’impressione è che vi sia necessità di un servizio consulenziale e, al contempo, di assistenza operativa a condizioni economiche contenute perché l’orizzonte temporale di intervento spinge a ragionare più in termini di sperimentazione che di consolidamento di nuovi modelli. Ma per un’agenzia dedicare l’80% dell’effort di risorse senior a un cliente (perché alla fine, è questo che il cliente desidera e che, spesso, oggettivamente occorre, dovendo riadattare strategie e obiettivi con grande flessibilità pur mantenendo la barra dritta) ha un costo molto elevato. E’ come continuare a consegnare la pizza a domicilio senza spese extra: dopo qualche mese il modello di business implode…